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Pazienza o urla? Educare nel periodo di emergenza
All’inizio sembrava una lunga vacanza, una lunga coda del carnevale, si andava a spasso con la bicicletta, si stava fuori e non si andava a scuola. Poi tutto è finito di colpo. Da tanti, troppi giorni, i bambini e ragazzi sono chiusi in casa. I piccoli e i più grandicelli sono ora tutti accomunati dal fatto di non poter uscire neppure per fare una passeggiata.
Quali possono essere le conseguenze di questa quarantena?
I bambini iniziano a soffrire l’isolamento in casa e, per alcuni di loro, il disagio è decisamente maggiore, pensiamo ai disabili, ai bambini con disturbi dello sviluppo, a quelli le cui famiglie non hanno abbastanza risorse e la lista, purtroppo, potrebbe continuare.
E come vivono dentro di loro questa emergenza?
I genitori (molti dei quali stanno lavorando in smart working) cercano di fare del loro meglio ( sono bravissimi) per intrattenerli con attività educative, didattiche o meno, a seconda dei casi, e con un po’ di sani lavoretti e svaghi di vario genere (consentita spesso anche una dose maggiore di cartoni o tv). Molti si dilettano con ricette di cucina, disegni e pitture e con quant’altro la fantasia e la creatività gli suggerisce. C’è chi poi fa ginnastica, baby dance o altre attività di tipo motorio in casa.
È una virtù o non lo è, la pazienza?
In tempi di isolamento domestico da pandemia la pazienza è soprattutto necessità, ed è la chiave della vittoria. Tantissima, per sopportare figli adolescenti chiusi in casa come in gabbia, o bambini piccoli in preda a capricci impossibili da calmare tra quattro mura. E, sebbene convintissimi che quanto stiamo facendo sia necessario (necessario, ribadiamo), ci vuole pazienza anche solo per stare in casa tutto il giorno, anche senza particolari stress.
“In questo momento, per affrontare questa crisi, la pazienza è la più necessaria di tutte virtù – dice Giorgio Nardone, psicologo e psicoterapeuta, – ci troviamo senza armi contro un nemico invisibile contro il quale l’unica cosa che possiamo e dobbiamo fare è isolarci e per tempi che potrebbero essere lunghi. Ci serve una pazienza nuova, perché siamo abituati ad avere una soluzione scientifica o tecnologica veloce per qualsiasi problema. E ora contro Covid-19 non c’è, non c’è ancora”.
Quindi educare con pazienza vuol dire non gridare?
Educare senza gridare è la scelta migliore che possiamo fare come genitori ed educatori. Urlare non è istruttivo né salutare per il cervello del bambino. Lungi dal risolvere qualcosa, in realtà si attivano due tipi di risposte emotive: paura e/o rabbia. Impariamo a educare, a imporre la disciplina con il cuore, l’empatia e la responsabilità.
Tutti coloro che sono genitori o che lavorano ogni giorno nel mondo dell’educazione e dell’insegnamento saranno stati tentati di alzare la voce in molteplici occasioni, allo scopo di fermare un comportamento fuori controllo o di sfida, di bloccare dei capricci che mettono a dura prova la pacatezza. Non possiamo negarlo, queste situazioni capitano spesso, sono momenti in cui la fatica si combina con lo stress e la nostra disperazione supera il limite.
Gridare non educa, educare con urla rende sordo il cuore e chiude il pensiero
Ma cedere e lasciare spazio alle urla è qualcosa che molte persone fanno. Non è un tabù genitoriale. In realtà alcuni dicono che gridare, così come “un bel ceffone quando ci vuole”, sia utile. Ora, per chi sceglie di educare gridando e vede di buon occhio questi metodi, si tratta della normalità. Forse sono gli stessi metodi che sono stati usati con loro quando erano bambini. Adesso che sono diventati adulti, non sono in grado di utilizzare altri strumenti, altre alternative più utili e rispettose.
Educare senza gridare non è solo possibile, ma necessario. Disciplinare, correggere, guidare e insegnare senza ricorrere alle urla ha un impatto positivo sullo sviluppo della personalità del bambino. Si tratta di un modo efficace per prendersi cura del suo mondo emotivo, per soddisfare la sua autostima, per dare l’esempio e fargli vedere che c’è un altro tipo di comunicazione che non fa male, che sa comprendere ed entrare in connessione con le esigenze reali.
L’impatto neurologico sul cervello dei bambini
Sappiamo che gridare non è utile e che non ci porta mai a ottenere il risultato che ci aspettiamo. Quello che otteniamo è che nello sguardo del bambino compaia un guizzo di paura, di rabbia repressa… È quindi necessario apprendere le chiavi per educare senza gridare, per creare un’educazione positiva che ci permetta di risolvere con intelligenza queste situazioni.
Un primo aspetto che non possiamo perdere di vista è l’impatto che le grida hanno sul cervello umano e sullo sviluppo neurologico del bambino. L’atto di “gridare” ha uno scopo ben preciso nella nostra specie, così come in qualsiasi altra: avvertire di un pericolo, di un rischio. Il nostro sistema di allarme si attiva e rilascia il cortisolo, l’ormone dello stress che ha come scopo quello di metterci nelle condizioni fisiche e biologiche necessarie per fuggire o lottare.
Di conseguenza, il bambino che vive in un ambiente dove viene fatto uso e abuso delle urla come strategia educativa soffrirà di precise alterazioni neurologiche. L’ippocampo, la struttura del cervello legata alle emozioni e alla memoria, sarà più piccolo. Anche il corpo calloso, punto di congiunzione tra i due emisferi, riceve meno flusso sanguigno, influenzando così l’equilibrio emotivo, la capacità di attenzione e altri processi cognitivi…
Gridare è una forma di abuso, un’arma invisibile, non si vede e non si tocca, ma il suo impatto sul cervello del bambino è semplicemente devastante. Questo rilascio eccessivo e costante di cortisolo mantiene il bambino in uno stato permanente di stress e di allarme, in una situazione di angoscia che nessuno merita e che nessuno dovrebbe provare.
Come possiamo limitare lo stress di questa situazione ai nostri figli?
Ci dà qualche consiglio in merito la Società Italiana per lo Studio dello Stress Traumatico (SISST):
- Trovate il tempo per stare lontano dai media ed occuparlo con altre attività insieme a bambini e ragazzi.
- Assicuratevi che non trascorrano un tempo eccessivo a contatto con i media: tenere la TV o i social attivi tutto il giorno quasi mai si rivela la scelta più responsabile e possono diventare agganci per emozioni negative a volte sproporzionate o incoerenti.
- Spiegare con chiarezza gli eventi e vantaggi di una condotta: l’isolamento fisico che viene richiesto deve essere spiegato in termini di sicurezza per NOI (non solo per il minore) con una durata temporanea inversamente proporzionale all’impegno di tutti: meglio seguiremo le regole tutti insieme e prima finirà l’emergenza. In questo caso la condivisione (con gli adulti e in generale con gli altri) allenta la tensione emotiva del dover stare lontano dagli amici o dai nonni.
- Siate coerenti ed eliminate eventuali equivoci ma senza allontanarvi troppo dalla realtà. Questo potrebbe aiutare ad integrare l’esperienza (diretta o indiretta) dell’emergenza nei propri vissuti e ricordi con potenziale quindi meno ansiogeno o pauroso evitando preoccupazioni non realistiche, inutili o eccessive.
Quali saranno davvero le conseguenze che dovrà affrontare un’intera generazione di bambini e ragazzi lo scopriremo solo vivendo, nel frattempo speriamo che questa situazione finisca al più presto e di poter vedere tutti i piccoli d’Italia tornare a correre e giocare liberi.